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Bastia Umbra Politica

Riflessioni su Bastia Umbra.

Vorrei condividere una riflessione, un po’ articolata, su temi attuali a Bastia Umbra e forse non solo Bastia Umbra. E’ una riflessione del tutto personale, un po’ lunga per l’epoca dei social (forse), e che allo stesso tempo, non ha la ponderazione e l’accuratezza di un vero e proprio saggio, con note e richiami. Dividerò gli argomenti in tre blocchi:
a) government e governance
b) un approfondimento sull’area Mignini-Petrini, ormai praticamente tutta vincolata ai sensi del Codice dei Beni Culturali
c) alcune idee o proposte per il territorio

a) government e governance

  1. Decisione sul PRG Strutturale adottato e nuove forme di pianificazione
  2. Il ruolo degli uffici tecnici, il personale
  3. La partecipazione, le commissioni “edilizie”
  4. Nuovo Regolamento Edilizio
  5. Qualità delle architetture
  1. Decisione sul PRG Strutturale adottato
    Credo che la prima scelta che l’amministrazione è chiamata a compiere sia cosa fare con il PRG adottato. E’ già passato più di un anno dall’adozione: in termini amministrativi, un nulla. In termini reali, un bilancio per un imprenditore, un evento familiare significativo, ecc. Immagino che per la nuova amministrazione vi siano due scenari possibili.
    01) Fare velocemente l’esame delle osservazioni, inviarlo in Regione per la Conferenza Istituzionale, approvare il PRGS in Consiglio. Tempi prevedibili (a partire da settembre 2024): 12 mesi.
    02) Procedere a una rivisitazione del PRG Strutturale, riadottandolo di nuovo. Tempi minimi previsti (a partire da settembre 2024): 18 mesi.
    Vi sarebbe anche una terza ipotesi, che è un’idea MOLTO personale (me ne rendo conto). Per quanto possa apparire controintuitiva o polemica, non lo è: non è una provocazione e basta.

Vediamo da vicino le varie possibilità.

 

01) Fare l’esame delle osservazioni più o meno velocemente significa convalidare e confermare l’impostazione del PRG. Le osservazioni possono infatti cambiare ben poco. E il PRG, così come è, è zoppo: bisogna subito procedere allo studio del PRG Operativo (per rendere il PRG pienamente efficace), e per il quale occorreranno altri 24 mesi. Personalmente non ho una grande opinione del PRG appena adottato: oltre ad allinearsi alla normativa regionale sotto il profilo lessicale e fare i conti con questo benedetto consumo di suolo non dice null’altro di importante. Non me ne voglia il già assessore Fratellini, verso il quale rivendico sentimenti di amicizia e di stima, e al quale riconosco un forte impegno e una lotta spesso apparsa come una fatica di Sisifo, ma questo PRG non mi ha “emozionato”. Il PRG può emozionare? Sì: dovrebbe, poiché dal PRG dipende un po’ di felicità delle persone. In questo Piano non vedo grandi obiettivi strategici, ma solo un compito professionale redatto con tempi che sono diventati troppo lunghi.
02) Procedere a una profonda rivisitazione del PRG Strutturale, riadottandolo di nuovo. Non si butta a mare il lavoro fatto, soprattutto per il quadro conoscitivo. Consente di reimpostare il PRG dicendo forse qualcosa di nuovo. Rimane da fare il lavoro sull’Operativo (su cui in ogni caso conviene cominciare a lavorare) , poiché altrimenti le previsioni non hanno completa operatività. Anche in questo caso, a essere molto veloci, parliamo di 18 mesi.

Vi è infine una terza possibilità, che ritengo lontana, ma che spero potrà stimolare qualche riflessione in più sul tema generale della pianificazione. Io ritengo che il PRG “nuovo”, su due livelli (Strutturale e Operativo), sia ormai uno strumento inefficace. Qualcuno comincia a rimpiangere seriamente i PRG ex L. 1150/1942, redatti su un unico livello. La duplicazione dei livelli del PRG (Strutturale e Operativo), che pure aveva creato molte aspettative a partire dal 1995, si è rivelato, almeno per quelli di cui ho conoscenza, piuttosto deludente. Il livello strutturale si è caricato di significati e compiti di cui poteva fare a meno, e il livello operativo è diventato in molti casi una ripetizione troppo capillare e pervasiva dell’ipertrofia normativa che ha colpito molti urbanisti. I Piani regolatori di cui ho conoscenza sono troppo “colorati” e hanno norme prolisse, scritte in forma narrativa e avverbiale, cosa che non facilita il compito a nessuno: né ai professionisti né ai tecnici dell’amministrazione. Il PRG “colorato” aveva un senso quando il Comune aveva una forte autonomia programmatica e economica. Oggi non è più così. La faccio breve: dobbiamo immaginare un PRG molto più “plastico”, che si deforma e che è veramente resiliente, che assorbe energia dagli eventi che arrivano dall’esterno. E dunque la variante non deve essere più considerato come una vicenda patologica del PRG (come è stata vista finora), ma come una cosa fisiologica. La variante è normale: è un adattamento, un’evoluzione, la forma dell’antifragilità. Questi adattamenti si fanno tipicamente per tre cause: localizzazione di nuove aree residenziali, localizzazione di infrastrutture o strutture pubbliche (strade, scuole, ecc.), localizzazione di attività produttive commerciali di servizi, ecc.
Ora: le nuove aree residenziali ex novo sono veramente poche e si possono continuare a fare, dimostrando la crescita demografica o altre necessità. La localizzazione di infrastrutture o strutture pubbliche dipende molto dalle contingenze, dalle occasioni (vedi PNRR). Dipende anche da volontà extra-comunali (ferrovie, strade, ecc.). La localizzazione di grandi strutture di vendita o produttive dipende dall’investitore privato. E’ ovvio che questi insediamenti vivono a ridosso di un sistema stradale adeguato. Si possono fare con dei PIP (regìa pubblica), o con dei SUAP (iniziativa privata).
“Bisogna avere una visione della città tra venti o trenta anni.” E’ una frase che sento spesso dire anche in convegni o in occasioni pubbliche. Se si tratta di una visione vaga va bene. Una visione precisa di quello che sarà la città tra venti o trenta anni ce l’ha solo Dio. Nessuno di noi è più in grado. Chi dice questa cosa vive in un mondo che non c’è più (non dico migliore o peggiore: non c’è più). Il mondo è adesso molto più veloce di qualsiasi decisione politica. Siamo troppo lenti: non possiamo più dire “Qui ci andrà la fabbrica X”, qui la scuola Y. La fabbrica X ci andrà se avrà valutato positivamente la localizzazione. La scuola andrà lì se ci saranno abbastanza bambini e se avremo abbastanza soldi per espropriare quel terreno e soldi per realizzare la scuola. Altrimenti tutto rimarrà un retino colorato sulla carta. Le grandi infrastrutture (ferrovie, strade statali, elettrodotti, gasdotti, acquedotti, ospedali, università), sono decise a livello extracomunale e quindi non è il Comune a decidere. Senza parlare del fatto che non ci si pone mai nell’ottica del tempo: quanto durerà quell’insediamento? E se quella fabbrica dovesse fallire? Che fare di quel grande insediamento?Dunque il PRG deve essere uno strumento vago, uno strumento plastico. Non più elastico (non deve tornare com’era prima): si deve proprio deformare.
In ogni caso questo PRG dovrebbe coordinare nuove forme di Piano, anche di settore (mobilità, 15 minuti, forestazione, clima, orari, commercio, ecc.). Credo sarebbe più opportuno pensare a un documento strategico (politico, programmatico, di visione), di sola competenza consiliare, affiancato poi da un PRG che desse pochissimi elementi fissi, invariabili, lasciando le scelte localizzative alle decisioni consiliari. Visto che agli urbanisti piacciono gli acronimi: un DUSS (Documento Unico Strategico e Strutturale). Ma questo è un tema che richiede un approfondimento a parte.

  1. Il ruolo degli uffici tecnici, il personale
    Dall’esterno è frequente sentire molte critiche rispetto al personale dell’amministrazione pubblica.
    Ma (generalizzo), il personale dell’amministrazione pubblica ha fatto una scelta di vita, a volte anche definitiva: stipendi medio-bassi, a fronte di una bassa responsabilità. Non si può chiedere a chi percepisce 1300 euro al mese di prendersi delle responsabilità che lo potrebbero portare davanti alla Corte dei Conti per risarcimenti di centinaia di migliaia di euro. Per un normale impiegato pubblico la discrezionalità non può esistere, non deve esistere. Compito della buona politica è togliere ogni alea discrezionale all’impiegato. Se le norme non sono chiare non è un fatto che gli si può addebitare. In casi discrezionali, l’interpretazione sarà sempre quella più prudenziale. Siamo onesti: faremmo tutti così.
    “L’amministrazione pubblica è lenta, dovrebbero mettere più persone.”
    Immettere nuovo personale nell’amministrazione pubblica non è come assumere in un’azienda privata. L’assunzione va prevista negli strumenti di programmazione dell’ente, ci sono degli indicatori e degli equilibri da rispettare, vanno predisposti i concorsi. Dunque l’assunzione non è mai immediata: deve essere possibile, ci vogliono i fondi necessari e occorre un po’ di tempo tra il momento della decisione politica e il momento dell’assunzione. E poiché un dipendente al Comune pesa per sempre nel proprio bilancio, non si può assumere con nonchalance.
    Il dipendente pubblico ha poi tutta una serie di diritti (che ha anche il dipendente privato): ferie, congedi di maternità/paternità, malattie, ecc. A meno di non voler smantellare tutto uno stato sociale con un certo equilibrio, è bene tenerlo sempre a mente, e non equiparare la situazione di un libero professionista al dipendente su questi profili.
    Il ruolo degli uffici va sempre più verso un controllo a campione ex ante sul progetto ed ex post sul costruito: questa è la tendenza strategica del legislatore. Tradotto nella prassi quotidiana significa maggiori adempimenti cartacei, maggiori autocertificazioni, maggiori necessità di certificazioni di qualità, ecc. E dei buoni avvocati nel momento del controllo ex post sul costruito.
  1. La partecipazione, le commissioni “edilizie”
    Partecipando a qualche convegno o incontro pubblico, ogni volta esce fuori il tema della partecipazione. Come se questa fosse la panacea di tutti i mali.
    E’ indubbio che una buona parte della disciplina urbanistica fiancheggi la politica. Ma vi è una parte tecnica dell’urbanistica (altrimenti avremmo solo bisogno di politici). E se vi è una parte tecnica va lasciata ai tecnici. Nessuno chiede di fare un’operazione chirurgica partecipata. Il trapianto del rene lo fa uno specialista e non un’assemblea di condominio. Dunque residua solo una parte politica di partecipazione, che deve riguardare temi non tecnici.
    Dunque il politico deve essere così bravo da circoscrivere gli ambiti entro cui la partecipazione ha un senso e arricchisce la discussione e rende la decisione più intelligente, e gli ambiti entro cui la partecipazione decade in chiacchiere da bar. Non si può pensare che far disegnare dei bambini (io amo i bambini), delle elementari possa risolvere ipso facto i problemi urbanistici della città.
    Un Tavolo Tecnico periodico può essere un utile strumento per avvicinare il mondo dei professionisti e quello dei tecnici dell’amministrazione.
    E’ necessario pensare a momenti di confronto periodico tra gli uffici tecnici del Comune e i liberi professionisti, per avvicinare due mondi che spesso si guardano da parti opposte di una barricata che in realtà non esiste.
    Così come potrebbe essere utile pensare a giornate di formazione, ospitate dal Comune, ma aperte sia ai propri dipendenti che ai professionisti esterni.
    La Commissione per la Qualità dell’Architettura e del Paesaggio (CQAP), può essere uno strumento se non di partecipazione, sicuramente di informazione.
    Detta Commissione può essere pubblicizzata molto di più, prevedere del pubblico in sala (senza diritto di voto), e avere registrazione streaming. Questa attività informativa può essere poi posta alla base di una vera attività di partecipazione. Questa modifica può essere implementata con una variazione del Regolamento Edilizio e quindi può essere fatta con tempi piuttosto ristretti.
    Un’altra innovazione è che bisognerebbe “caricare” la CQAP della responsabilità dell’eventuale diniego (per motivi estetici: gli unici che dovrebbero essere di sua competenza), di fronte a un eventuale ricorso al TAR. Trovo che un organo consultivo così importante non possa essere esonerato da tutte le responsabilità. Chi sta in Commissione ha un discreto potere ed è giusto che ne derivino oneri ed onori. I Commissari dovrebbero essere qualificati e remunerati di conseguenza. Se si crede nella Qualità dell’architettura bisogna sostenere un po’ di costi per promuoverla e diffonderla. Ma questa è una modifica che bisogna portare all’attenzione del legislatore regionale e quindi richiederebbe tempi più lunghi.
    Lo spunto è propizio per proporre anche che sia il Consiglio stesso, su proposta degli uffici e dell’assessorato competente, a chiedere modifiche alle leggi regionali attraverso una propria deliberazione, magari votata all’unanimità.
  1. Nuovo Regolamento Edilizio, Crediti Edificatori
    Come già anticipato, il Regolamento Edilizio di Bastia Umbra è datato. Non è adeguato alla normativa regionale vigente e men che mai al Regolamento Edilizio Tipo approvato dalla Conferenza unificata Stato- Regioni. En passant, la regione Umbria è l’unica Regione che non lo ha recepito. Occorre dunque redigere un nuovo strumento che abbia nella snellezza e nella semplicità i punti di forza.
    Tra gli strumenti da mettere in piedi ritengo che sia necessario creare una sezione del sito web del Comune dove ci siano le FAQ per gli aspetti tecnici, sia del PRG che di argomenti più quotidiani. La sezione FAQ potrebbe anche raccogliere i pubblicare tutti i chiarimenti che la Regione ha prodotto sulla LR 1/2015 e le altre norme correlate. I dipendenti impiegano nel front-office molte ore a rispondere a domande simili poste dai diversi professionisti. Il tempo del front-office è tra l’altro un ottimo indicatore della leggibilità degli strumenti urbanistici e degli strumenti normativi.
    Il Regolamento edilizio. Può legittimamente introdurre (nell’ambito delle proprie possibilità normative o regolative), dei miglioramenti e degli ulteriori requisiti o comportamenti virtuosi da “richiedere” agli attuatori privati.
    Può inoltre fungere da orientamento e collegamento con altre normative di settore, di competenza di altri uffici (commercio, polizia municipale, anagrafe, ecc.)

Il Comune di Bastia Umbra ha uno dei più alti indici di occupazione di suolo. Non che io lo veda come un tema così scandaloso: basta essere un po’ più realisti e verificare come Bastia abbia un’alta densità di verde. Un verde poroso, frammentato, ma verde. E inoltre credo che nella pianificazione oggi i confini comunali siano molto molto angusti per capire a fondo i fenomeni e indovinare le giuste azioni. In ogni caso la pressione insediativa è alta, il territorio limitato, e quindi occorre ragionare sul suolo e sulle capacità edificatorie. Ritengo che una variante normativa ad hoc per introdurre il tema dei Crediti edificatori (o meglio: delle Chance edificatorie, secondo l’ultima elaborazione dottrinale), sia necessaria, soprattutto a Bastia. Meccanismo che consentirebbe, con gli opportuni incentivi e correttivi, di densificare dove è necessario.

  1. Qualità delle architetture
    Dico “delle architetture” perché parlo di opere architettoniche.
    Molta della qualità architettonica può essere raggiunta applicando alcuni requisiti prestazionali di cui parleremo in seguito (piste ciclabili, rastrelliere, colonnine di ricarica elettrica, tetti verdi, densità di logge o balconi, ecc.). E’ indubbio, allo stesso tempo, che la vera qualità dell’architettura non può essere racchiusa da indici e parametri.
    Se si ritiene che la qualità architettonica sia un vero valore, esso deve salire nella scala delle priorità e prendere il posto di altre priorità. E se è un valore esso deve avere un costo (nessun pasto è gratis).
    Ora, uno strumento che si è rivelato abbastanza efficace nell’alzare la qualità dell’architettura è il concorso di progettazione.
    E allora per gli interventi privati convenzionati, per gli interventi misti, o comunque per gli interventi in variante al PRG, dove è possibile cioè chiedere un extra-onere, una parte di questo extra-onere sia assunto dal privato finanziando un concorso di progettazione la cui risonanza e ambito devono essere commisurati all’importanza dell’intervento stesso. I concorsi costano: (bando+commissione+premi eventuali), e qualche volta non danno i risultati sperati. E’ vero, ma al momento non c’è un altro strumento altrettanto efficace per far crescere la qualità allo stesso tempo all’interno dell’amministrazione e nei risultati concreti. Nella giuria del concorso vi dovrebbe essere ovviamente un rappresentante scelto dalla parte privata. E’ evidente che questo extra-onere non può sommarsi a quelli già richiesti in via ordinaria. La somma degli extra-oneri richiesti al privato gli deve consentire comunque di fare l’intervento.
    Questa è una modifica che può essere inserita nel Regolamento Edilizio (tra l’altro da aggiornare alla normativa vigente), e quindi potrebbe essere applicata in tempi piuttosto brevi.

 

08/08/2024

Bruno Broccolo

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