16.3 C
Bastia Umbra
30 Aprile 2025
Terrenostre 4.0 giornale on-line Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara
Attualità

I danni di Burian all’olivicoltura italiana.

Il nome Burian, per gli olivicoltori, ricorda gelo e danni, molti dei quali si stanno manifestando proprio in questi giorni.

L’effetto spesso più vistoso è la perdita di foglie, fino quasi a spogliare l’albero. Poi ci sono anche spaccature sui rami di 1-2 anni, con la probabile morte della vegetazione. Più rari i danni alle branche o all’intero albero.

In base alle rilevazioni effettuate da Teatro Naturale è la fascia appenninica quella più colpita da Burian, con danni ingenti in Emilia Romagna, Toscana e Umbria, Marche, Abruzzo e Campania. In alcuni casi Burian si è spinto fin sulle coste, come accaduto per alcune aree delle province di Grosseto e Livorno, ma soprattutto nella Sabina. I danni del gelo, però, stanno emergendo anche nel bacino produttivo italiano più importante: il nord della Puglia.

La preoccupazione che serpeggia tra olivicoltori e frantoiani è che la prossima campagna olearia possa essere molto povera. Si tratta dello scenario più drammatico ma, allo stato attuale, nessuno lo può escludere.

Il problema, in particolare nel barese, è capire in che misura Burian ha colpito le gemme sui rami di un anno di età, ovvero quelle che possono differenziarsi a fiore e quindi produrre olive. E’ evidente che una compromissione parziale, fino anche al 50%, può causare solo modeste ripercussioni poiché l’olivo ha la capacità di compensare, sia attraverso una maggiore differenziazione a fiore, a scapito dell’accrescimento vegetativo, sia con una più alta percentuale di allegagione. Diverso il caso che la compromissione delle gemme sia totale o quasi.

Se la vitalità delle gemme richiede un’analisi al microscopio, quello che tutti gli olivicoltori possono fare è verificare la vitalità dei giovani rametti di una anno, anche se defogliati.

Basterà qualche taglio per capire se i tessuti interni sono verdi, segno di salute, oppure se il colore sta virando al marroncino/brunastro, segno di una compromissione di vitalità.

Ovviamente i danni dipendono anche dalla varietà e alcune cultivar ampiamente diffuse nei territori colpite da Burian sono considerate piuttosto resistenti al freddo, ma ovviamente dipende molto anche dallo stato vegetativo in cui si trovavano.

L’acclimatamento al freddo dell’olivo avviene attraverso un processo graduale che si velocizza solo quando la temperatura media giornaliera scende sotto i 10 gradi, provocando un sensibile rallentamento dell’attività metabolica e dei flussi nei vasi xilematici.

Inoltre i dati e le esperienze sulla sensibilità al freddo non tengono conto di un fenomeno che ha accompagnato Burian: il gelicidio.

L’Itrana, caratteristica della provincia di Latina, viene segnalata in letteratura come resistente al freddo ma ad avere fatto danni è stato il ghiaccio, rimasto attaccato a rametti e foglie per diverse ore. Situazione analoga vale per il Leccino e la Coratina, anch’esse considerate tolleranti al freddo, ma non al gelicidio.

Gli effetti di Burian, e i relativi danni, possono essere però molto diversificati tra territori limitrofi o anche all’interno della stessa azienda. Il primo fattore da considerare, in alta collina o montagna, è il fenomeno dell’inversione termica, ovvero la possibilità che nel primo mattino l’aria fredda sia scesa nei fondovalle, generando una temporanea risalita di quella calda. Poi, se consideriamo che Burian è stato un fenomeno meteo contrassegnato da venti freddi da nord, proprio l’esposizione a questi venti può aver determinato danni più sensibili. Infine l’umidità dell’aria e la creazione di piccoli banchi di foschia o nebbia che, con l’abbassamento delle temperature, hanno provocato l’effetto gelo.

Secondo una stima Coldiretti, ad essere colpite da Burian, sono state 25 milioni di piante, su circa 150 milioni in totale che rappresentano il patrimonio olivicolo nazionale, quindi il 17%.

La situazione non è ancora allarmante ma che deve destare attenzione affinchè, quando i danni potranno essere conteggiati, politica, istituzioni e opinione pubblica non abbiano dimenticato gli effetti di Burian sull’olivicoltura nazionale.

di R. T.

 

Biostimolanti, corroboranti e induttori di resistenza. Combattere il gelo si può.

Le temperature registrate nella quarta settimana del mese di febbraio 2018 ,in buona parte delle aree olivicole italiane del centro nord Italia, sono state al di sotto dei -6C° per una durata in molti casi , maggiore di 8 ore.

Nelle zone dell’entroterra il danno da freddo si è manifestato più intensamente, associato a fenomeni nevosi e su gli olivi i sintomi che ad oggi destano maggiore preoccupazione sono screpolature e fessurazioni della corteccia, associata a cascole fogliari consequenziali all’imbrunimento delle foglie, che probabilmente influiranno negativamente sulla differenziazione a fiore delle gemme.

Le osservazioni fatte negli ultimi giorni denotano che, anche la dove non siano presenti vere e proprie crepacciature e rotture della corteccia della pianta, esistono delle microlesioni della corteccia, possibili vie di ingresso per il batterio della rogna dell’olivo (Pseudomonas savastanoi), soprattutto favorito dalle abbondanti precipitazioni e dalle bagnature fogliari che stanno caratterizzando il periodo seguente la gelata.

A tal proposito si raccomandano trattamenti fogliari con forme rameiche quali idrossidi associati a pinolene, ossidi rameosi (facendo attenzione di non applicarle con temperature inferiori a 10 C°) e posticipate e separate , rispetto ad un altro intervento fogliare con formulati contenenti rame veicolato da peracidi, acido gluconico, unitamente a prodotti biostimolanti contenenti alghe e amminoacidi di origine vegetale (glicina, betaina) di più rapido assorbimento.

Esistono in commercio prodotti aventi come base l’acido folico (fosforo di origine vegetale) che sono un importante fonte energetica per recuperare piante colpite da stress da freddo.

Interessante in questa fase anche il ruolo dello zinco precursore del triptofano, amminoacido essenziale nella biosintesi delle auxine, che è suggerito includere nella miscela estemporanea.

L’apparato fogliare in alcuni casi tuttavia potrebbe essere compromesso, con cascola più o meno intensa delle foglie rendendo vano l’intervento fogliare, ecco allora alcuni suggerimenti se dovessero presentarsi i seguenti casi :

1) Piante con foglie imbrunite o clorotiche e contemporanea presenza di impianto di irrigazione a goccia su terreno inerbito.In questo caso è utile intervenire dal mese di aprile con fertirrigazioni utilizzando prodotti a base amminoacidica , associati a prodotti a base dell’alga Eklonia maxima che ha un importante azione di stimolo sulla radicazione e sullo stimolo nell’assorbimento di sostanze minerali da somministrare per almeno 3 volte ogni 10/12 gg utilizzando in abbinamento un formulato quale 20/20/20 per fertirrigazione.

2) Sempre in presenza di un apparato fogliare ritenuto danneggiato e con possibili notevoli difficoltà di assimilazione di elementi nutritivi per via fogliare, in assenza di irrigazione e se dovesse essere ancora fatta la fertilizzazione al suolo,sarà utile dove possibile, effettuare una lavorazione del suolo,per favorire l’interramento del concime, l’arieggiamento e l’ingresso di aria calda , di stimolo ad una più rapida ripartenza all’attività radicale stessa. Per olivicoltura biologica, l’applicazione al suolo di fertilizzanti organici con buon contenuto amminoacidico, provenienti da matrici quali cuoi, pelli, pennone, potrà essere un interessante stimolo alla ripresa dell’attività radicale e consentirà una più rapida ricostituzione della chioma della pianta.

3) Dove si rendessero necessarie invece potature più drastiche, lo stimolo vegetativo dato dalla potatura dovrà essere equilibrato con concimi con azoto a medio lento rilascio limitando gli apporti iniziali, per non accentuare la fase giovanile del germoglio ma caratterizzato da un buon contenuto in fosforo e potassio per riequilibrare l’eccessiva spinta vegetativa che potrebbe aversi, se associata ad una primavera piovosa.

4) Infine si è osservato negli ultimi giorni come in olivete trattate nella scorsa estate (giugno) con prodotti corroboranti a base di calce/caolino e rame al 5% , utilizzato all’epoca con funzione anticascola e repellente per la mosca alla dose di (40/50 kg/ha), abbiano evidenziato una praticamente assenza di sintomi di danni da freddo in zone dove si sono registrate le temperature molto basse, oltre che un apparato fogliare esente da malattie fungine. Ciò dovuto probabilmente all’elevata adesività del rame associato a questo importante quantitativo di calce, che ha svolto la propria funzione antimicotica e antibatterica e che in combinazione con la calce stessa, ha aumentato anche lo spessore delle pareti cellulari e la concentrazione dei soluti all’interno della cellula, abbassando il punto crioscopico dell’acqua presente all’interno della cellula vegetale.

Un integrazione degli interventi fogliari con gli interventi suggeriti al suolo potrà consentire il recupero celere le olivete che hanno subito, purtroppo , in molte zone di Italia un forte arresto vegetativo.

In Toscana, nei nuovi impianti il danno maggiore lo hanno subito le varietà Pendolino e Maurino,se la sono cavata meglio, Frantoio, Leccino e Leccio del Corno.

Tuttavia, la bassa temperatura, se da una parte può essere causa di riduzione o danno allo sviluppo vegetativo dell’olivo, dall’altra, consente all’olivo una maggiore differenziazione dei boccioli fiorali, per cui le annate seguenti ad inverni freddi ( es. inverno 2012) sono normalmente annate ( es. 2013) caratterizzate da maggiori allegagioni.

di Paolo Granchi

Lascia un commento