L’Istat ha certificato che a novembre in Italia gli occupati sono calati di 21 mila unità mentre i disoccupati aumentano di 51 mila. Questi sono i risultati che evidenziano il fallimento delle politiche economiche del Governo Renzi e gli effetti devastanti del Jobs Act. Gli effetti negativi di questa impostazione neoliberista in Umbria sono ancora più evidenti e clamorosi.
Infatti dall’inizio della crisi economica (2008) si sono persi 16,5 punti di Pil e solo nel 2016 sono andati distrutti 15 mila posti di lavoro.
Il fatto che nel 2015 si sia verificato un aumento del Pil del 1,9% si è dimostrato un fuoco di paglia visto che nel 2016 su più versanti (soprattutto quello del lavoro) sono sempre più evidenti i nodi di un declino progressivo e inarrestabile che in molti casi si tende a minimizzare o a cercare di nascondere.
In Umbria la crisi è ancora più forte di quella che si verifica nelle regioni a noi vicine, Marche e Toscana.
Lo confermano tutte le analisi e le ricerche disponibili. C’è un dato in particolare che dovrebbe allarmare e sollecitare una particolare riflessione: nella regione i salari sono significativamente più bassi del resto dell’Italia. Infatti, fatto 100 il reddito da lavoro dipendente a livello nazionale, la Toscana si colloca a quota 96,4, le Marche a 94,2 e l’Umbria a 90,5. Questo significa che i salari medi umbri nel 2015 sono stati del 9,5% inferiori a quelli medi nazionali.
La crisi in Umbria ha eroso e sta erodendo profondamente i consumi e le condizioni di vita dei suoi abitanti. Infatti il valore del prodotto pro capite dal 2008 al 2015 ha visto perdere circa 20 punti percentuali scendendo in termini costanti fino ai circa 22mila 400 euro attuali. Questo significa che in media ogni cittadino oggi guadagna circa 5 mila euro in meno, con una riduzione di 617 euro l’anno.
Inoltre sempre per quanto riguarda i consumi a fronte di una spesa media mensile familiare nel 2015 pari a circa 2.335 euro si rileva una caduta annua del 1,3% con una perdita complessiva rispetto al 2008 del 13,7%. Si riducono le spese alimentari (-2,7%) ed aumentano le spese sanitarie (+0,7%).
Anche questi due esempi dimostrano che se non cambiano alla radice le scelte di politica economica a livello nazionale ma anche regionale si rischia di affondare sempre più in una crisi infinita, Tra i nodi primari da affrontare c’è l’esigenza di nuove dinamiche salariali e del rilancio della domanda. Solo così si può contrastare un sempre più evidente e progressivo declino dell’Umbria.
14 gennaio 2017
Mario Bravi,
Presidente Istituto Ricerche Economiche e Sociali della Cgil Umbria
Redazione
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