Le due maestre d’asilo erano state accusate di omicidio colposo per la morte del piccolo Edoardo, il bimbo che il 13 marzo del 2008 si era spento nel silenzio del suo lettino nell’area adibita al sonno in un “nido” di Bastia Umbra.Dopo l’assoluzione in primo grado nel febbraio 2011 su richiesta dello stesso pubblico ministero “per insussistenza del fatto”, il procuratore generale Giovanni Galati aveva tuttavia deciso di dare seguito all’iter giudiziario nei confronti delle due insegnanti presentando appello contro la sentenza e chiedendo, unitamente alle parti civili, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attraverso una nuova perizia.L’obiettivo era quello di far luce sulle cause del decesso del piccolo Edoardo, a proposito del quale i pareri medici forniti durante l’istruttoria avevano datoluogo aipotesi contrastanti: insufficienza respiratoria secondo l’accusa,malformazione cardiaca per la difesa.Una richiesta, quella di nuova perizia, che è stata respinta nell’udienza di ieri, al termine della quale i giudici di appello hanno confermato la sentenza di asssoluzione.Un esito accolto con sollievo dalle due maestre d’asilo, presenti in aula al contrario delle parti civili.“Ci aspettavamo che venisse confermata la sentenza di primo grado – hanno commentato con soddisfazione gli avvocati difensori Aurelio Pugliese e Nerio Zuccacci – vista l’assenza di elementi contrari da cui si potesse
Le due maestre assolte anche in secondo grado per la morte all’asilo nido del piccolo Edoardo
Confermata la sentenza per l’accusa di omicidio colposo. La difesa: “Confidiamo che la vicenda possa chiudersi qui”
BASTIA UMBRA – Con la conferma della sentenza di assoluzione da parte dei giudici della Corte d’assise d’appello di Perugia, potrebbe definitivamente chiudersi la vicenda giudiziaria di Rosita Orologio e Lara Panzolini.
evincere qualsiasi tipo di responsabilità delle imputate. A questo punto, con la conferma della sentenza di assoluzione – aggiungono gli avvocati difensori delle due maestre d’asilo -, confidiamo che la procura generale non proponga il ricorso in Cassazione e che questa dolorosa vicenda possa chiudersi qui”.
di Sara Caponi