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Bastia Umbra
13 Settembre 2024
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Bastia ‘arcipelago’ verde: un laboratorio urbanistico nel cuore dell’Umbria.

Bastia Umbra dall’alto. Credit Google Earth

Partecipazione e rigenerazione come pilastri nel disegno della città pubblica

L’urbanistica non può essere una materia lasciata solo agli uffici tecnici e alla politica.

È opportuno che diventi parte integrante del dibattito tra persone interessate al futuro della loro città. Una grossa responsabilità ce l’ha chi ne detiene la conoscenza.

I piani regolatori e gli stessi mezzi attuativi sono spesso illeggibili e inaccessibili al cittadino.  Apprezzo quindi lo sforzo di chi tenta almeno di parlare di alcuni temi, come è stato fatto recentemente per Bastia Umbra. Perciò in questo articolo cercherò di  rendere alcuni contenuti con un linguaggio accessibile. Anche per questa ragione mi soffermerò solo su determinati punti. Con questa prima affermazione vorrei rispondere al lungo articolo dell’architetto Broccolo, comparso sulle pagine della rivista “Terrenostre”. Sicuramente le riflessioni dell’architetto offrono una buona opportunità per ragionare intorno al futuro di Bastia.

Dietro ogni pensiero tecnico c’è un’idea di città. A parte alcuni temi condivisibili, come quello dedicato agli uffici pubblici comunali, il resto dell’articolo rivela un approccio all’urbanistica che va assolutamente superato, non perché sia sbagliato in sé, ma perché ci troviamo di fronte a un contesto mutevole e incerto che impone la ricerca di altre strade che riportino al centro il tema della città pubblica.

 

Nel concreto, il punto di partenza, a mio avviso, è proprio quello di ripensare l’idea naif di partecipazione e rigenerazione urbana che suggerisce Broccolo come fosse qualcosa di ancillare e secondario al percorso futuro di Bastia Umbra.

Al contrario, ripartire proprio dal tessuto sociale della città per me è la strada da percorrere.

Credo che Bastia debba aprirsi con coraggio a nuove sperimentazioni, diventando un laboratorio urbano e un  luogo da rilanciare anche attraverso un diverso approccio all’ urbanistica. Questo perché il modo classico autoreferenziale ‘top down’ di cui parla Broccolo ha fallito miseramente. In altre parole, le condizioni a contorno legate all’usuale  schema ‘pubblico – privato’ con case e centro commerciale, non funzionano più da tempo. Un esempio lampante è l’area Franchi.

Un’offesa per la città di Bastia e tutte le persone che hanno lavorato, come mio nonno, in quel luogo di cui è stata cancellata qualsiasi memoria spaziale.

La città di Bastia deve ritrovare quello spirito innovatore che nel passato ha partorito interventi interessanti, come il percorso verde, un’infrastruttura pubblica verde e blu che andrebbe rilanciata e messa al centro della futura pianificazione urbana.

 

Bastia arcipelago verde

Il piano regolatore adottato da Bastia evidenzia un approccio assolutamente datato, impostato sul consumo di suolo al netto delle grandi aree dismesse ancora da rigenerare.

Bastia è una delle prime città in Umbria per suolo consumato in relazione alla propria superficie territoriale (per approfondimenti vedi link). Non è solo una questione di quantità ma anche di qualità funzionale. In altri termini, ha senso consumare suolo ‘vergine’ per nuovi insediamenti produttivi e centri commerciali fuori il territorio urbanizzato quando abbiamo intere aree industriali spesso sotto utilizzate?.

La risposta è una sola, no grazie.

In un contesto dominato dall’urgenza di contrastare i cambiamenti climatici che hanno avuto effetti devastanti, anche recenti, si continua a impermeabilizzare.

A questo si aggiungono scenari demografici che segnano una costante decrescita.

Da qui la necessità di rivedere il piano regolatore recuperando alcune parti, come il quadro conoscitivo, ma rivedendo completamente la strategia di rilancio della città.

Negli ultimi decenni si è lavorato a pezzi, concependo le grandi aree di trasformazione di Bastia come isole indipendenti. I risultati sono stati spesso modesti, non solo nel linguaggio architettonico (es. ex conservificio Lolli) ma anche in quello funzionale, con qualche rara eccezione (es. ex manifattura Giontella con destinazione in parte pubblica).

Concepire gli spazi liberi come risorse per il futuro di una città decarbonizzata e non come aree asettiche in attesa di costruzione, è il primo passo.

Le prossime aree di trasformazione vanno pensate come parte di uno stesso organismo urbano e connesse tra loro lavorando su un’idea di città pubblica. Ad esempio, il percorso verde esistente, nonché nuove funzioni e servizi compatibili con i suoi equilibri ecosistemici, deve entrare in città con una rete di percorsi  ciclabili e pedonali sottocasa grazie ai quali ci si possa spostare senza auto.

Lo spazio vuoto diventa l’ossatura della nuova Bastia collegandola ad Assisi attraverso il Parco della Piana (per approfondimenti vedi link) e trasformando così le isole urbane in un arcipelago verde.

Il verde attrezzato diventa così il ‘mare’ che connette le ‘isole’ fatte dai quartieri edificati  ridisegnando la conformazione urbana di Bastia attraverso una sequenza di aree verdi continue di varia dimensione: dal giardino condominiale al parco territoriale della Piana.

Iniziativa pubblica di partecipazione per il progetto Parco della Piana di Assisi. Credit Assisi Mia

In altre parole, è necessario creare  le condizioni per uscire di casa a piedi oppure in bicicletta, portare i propri bambini a scuola tra il verde e connettere la  città alla campagna verso Assisi grazie a un parco metropolitano che la collega.

Arcipelago verde è composto da nodi e reti che parte dal valorizzare le “infrastrutture” sociali e ambientali esistenti (es. percorso verde, centri sociali nei quartieri e nelle frazioni).

La realizzazione concreta deve svilupparsi quindi integrando due scale di intervento: locale e territoriale.

Nel primo caso diventa fondamentale la partecipazione del cittadino perché l’intervento tocca la sua sfera quotidiana. Esistono molti esempi, porto quello di Bologna e Reggio Emilia che conosco direttamente (Approfondimento al link). In questi casi, la città è pensata come bene comune in cui i cittadini sono chiamati a trasformare attivamente, insieme al Comune e altri attori, spazi sottocasa, attraverso interventi leggeri di rigenerazione urbana. Con uno strumento chiamato ‘Patto di collaborazione’ in molte città italiane sono state realizzate nuove piantumazioni, giardini, piazze e servizi collettivi, quali le biblioteche di quartiere.

In sintesi, una partecipazione concreta basata sul fare e la condivisione delle responsabilità, che riveli un nuovo modo di amministrare la città. È possibile anche in Umbria! Si vedano le esperienze perugine del Cinema Postmodernissimo o di Borgo Bello e il Parco della Piana di Assisi.

 

Nel secondo caso, diventa strategico alzare lo sguardo, lavorando ad una scala vasta e aprendo la collaborazione in primis alla città di Assisi, attraverso la revisione degli strumenti urbanistici e allo sviluppo di alcuni temi concreti legati, ad esempio, alla realizzazione del Parco della Piana ma anche a forme di integrazione della mobilità e delle attrezzature collettive.

Bastia presenta problematiche rilevanti, come appunto l’area Petrini Spigadoro, che hanno una valenza regionale e non possono essere gestiti solo a livello locale.

Il tema centrale saranno le funzioni insediate. In tal senso è importante tornare a ‘produrre’ nella  città di Bastia riscoprendo la sua anima innovativa attraverso modelli differenti rispetto a quelli del passato, come, ad esempio, è stato fatto a Reggio Emilia, col caso del Tecnopolo e del parco innovazione (per approfondimenti vedi link).

Un Parco Tecnologico per nuove produzioni manifatturiere compatibili, con spazi per attività di ricerca scientifica, formazione, cultura, eventi a metà strada tra Perugia e Foligno, connesso alla SS75 e alla Foligno-Terontola. Su questo tema soggetti come Regione, Università, Sviluppumbria ed Umbriafiere devono essere attori su cui avviare un ragionamento per l’area che si estende dalla stazione ferroviaria con l’ex Franchi sino al Centro Fieristico.

Recupero del Capannone 18, Parco Innovazione Reggio Emilia. Credit archilovers

Inoltre dobbiamo aprirci a forme di rigenerazione temporanea per tentare possibili strade, che non saranno  risolutive nell’immediato ma porteranno i loro frutti nel tempo. In altre parole, superare l’ansia di definire tutto e subito.

L’approccio spaziale, lo dico per gli amici architetti, è quello da rintracciare in alcuni lavori di Aravena e di personaggi come Erskine o Habraken.

L’idea di vedere necessariamente limiti nell’eredità del patrimonio industriale bastiolo parlando di demolizioni è una strada pericolosa e non necessariamente efficace, vedi area Franchi.

Gli esempi sono moltissimi. Sicuramente città come Torino e Bologna stanno lavorando da tempo su queste tematiche. Sono città che, guarda caso, hanno dimensioni diverse dalla nostra. Anche per questo è indispensabile aprire a percorsi di pianificazione intercomunale con la città di Assisi, lavorando sulle sinergie in una strategia di forte collaborazione reciproca.

Pensiamo alle funzioni e attrezzature urbane.

Le due realtà sono ormai fuse insieme ma continuano a darsi le spalle nella gestione e pianificazione del loro territorio.

Accogliamo la realtà dei fatti facendo cooperare  le amministrazioni verso la realizzazione di strategie comuni nella definizione delle funzione urbane di un certo rango strategico.

Prendiamo le attrezzature sportive e la gestione del trasporto pubblico. Non ha senso che ciascun comune abbia una piscina, ma ha senso investire insieme sviluppando un’operazione con un diverso potere attrattivo (vedi approfondimento al link). Lo strumento urbanistico attuale, adottato dalla giunta precedente, va rivisto nel profondo  lavorando su queste due scale di intervento e la loro sintesi armonica. Questo può aiutare anche a ottimizzare le tempistiche.

Immagino un piano regolatore sviluppato per progetti di territorio con una struttura a moduli revisionabili, capace di accogliere sperimentazioni pratiche sul territorio realizzate tramite  azioni partecipate che le possano testare. Creare così un’occasione di formazione e attivazione civica attraverso una  diversa governance non più schiacciata esclusivamente sullo schema pubblico – privato, ma aperta anche ad altri attori quali  cittadini, terzo settore, università e imprese (vedi approfondimento al link).

Dobbiamo accettare il fatto che il pubblico da solo non ce la fa ad affrontare temi come la lotta al cambiamento climatico o alle disuguaglianze sociali. Su questioni strategiche di interesse generale bisogna allargare anche ad altri soggetti uscendo dai recinti e mettendo insieme le risorse.

In sintesi, la direzione che auspico è ripensare il piano regolatore in chiave  incrementale, aprendolo  alle sperimentazioni e alle  integrazione tra varie politiche urbane, accettando   le condizioni di incertezza per evolvere concretamente verso un nuovo modo di amministrare.

Bastia Umbra può ripartire da questo approccio, superando l’ansia di riqualificare tutto e subito come ‘città arcipelago verde’ diventando laboratorio sperimentale per l’Umbria e la revisione del suo sistema di pianificazione.

 

Francesco Berni, PhD in Urbanistica. Esperto in rigenerazione urbana e innovazione sociale. Ha svolto attività di consulenza per enti privati e pubblici tra cui i Comuni di Milano, Bologna e Reggio Emilia. Svolge attività di ricerca e innovazione presso l’Università di Firenze e altri istituzioni. Ha coordinato il City Science Office di Reggio Emilia, unità di ricerca e sviluppo applicata alle politiche urbane con l’Università Luiss e Unimore. È referente scientifico del progetto Parco della Piana di Assisi.

 

Contatti: LinkedIn, Researchgate

 

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