Assisi, 6 dicembre ‘21 – “Il mondo si salverà se si ritufferà nell’amore”, questo è il messaggio de “Le tre balze di Sorella Povertà”, il libro scritto dal Vescovo della Diocesi di Assisi e di Foligno, mons. Domenico Sorrentino, rappresentato teatralmente al Museo Diocesano di San Rufino.
Al termine dell’interpretazione, che ha ripercorso i tre momenti salienti della spogliazione di San Francesco, un visibilmente commosso Mons. Sorrentino ha raccontato l’ispirazione che lo ha “travolto” nella stesura di questa meditazione poetica.
Riprodotti in scena anche i disegni dei ragazzi dell’istituto Serafico di Assisi, presenti nel volume, che “racchiudono il significato più elevato di povertà in senso francescano”, come ha sottolineato in finale l’autore.
Nella suggestiva Cripta di San Rufino la lettura teatrale di Giuseppe Brizi, Luana Brozzetti e Carlo Menichini ha affascinato i numerosi presenti. Le musiche sono state a cura di Paolo Piselli, mentre l’ideazione e la regia di Giuseppe Brizi.
Il volume, dedicato all’Istituto Serafico di Assisi nel 150esimo della fondazione (1871-2021) e pubblicato da Edizioni Francescane italiane, si richiama in maniera poetica a tre episodi avvenuti tra Foligno e Assisi che delineano il cammino della povertà nell’esperienza del Poverello.
Siamo tra il 1205 e il 1206 quando Francesco dimostra che le ricchezze del padre non gli servono più, che la sua vita è per Dio e per i fratelli e lo fa donandosi ai poveri, ai più fragili.
Il primo episodio, narrato unendo citazioni storiche e sfumature poetiche, riguarda la vendita di beni al mercato di Foligno da parte di San Francesco. Nella piazza Grande va in scena la prima manifestazione della crisi umana e spirituale del giovane re delle feste di Assisi. Quei denari che, dicono le fonti, finiscono su una “finestrella” della chiesa di San Damiano, sono la prima espressione del dono. Ormai il figlio di Bernardone guarda il mondo alzando gli occhi verso il cielo. “Vendendo il cavallo e le merci di casa – scrive l’autore – amministra semplicemente la ‘casa comune’: unica umanità e unico cosmo, interamente avvolti dall’amore e dal dono di Dio”.
La seconda balza di sorella povertà, raccontata con esemplare armonia, è quella dell’abbraccio e porta il nome dei lebbrosi che Francesco incontrò a Rivotorto. Questo episodio evidenzia come il principio del dono si sposa con quello del volto. “Qui la mano tesa diventa abbraccio – scrive monsignor Sorrentino – Francesco scende dal cavallo e abbraccia i lebbrosi. È la povertà che si fa prossimità, tenerezza, cura. È la povertà che esprime, fino in fondo, il principio di fraternità, ben ancorato sull’unica paternità di Dio”.
La terza balza è quella decisiva: nel vescovado di Assisi, davanti al vescovo Guido e al padre Bernardone, Francesco si fa povero, totalmente spogliato, non più solo come il Dio dell’incarnazione, ma come il Dio del Golgota. Non si tratta solo di stare sotto la croce, ma di salirvi. Quel varcare, senza esitazione, la soglia, nel giorno dell’incontro giudiziale con il Vescovo, portava già il segno dello ‘spogliarsi’ dentro. Tre balze, sicuramente dure da scalare: ma c’è una via diversa per uscire dalla crisi? Le tre balze della povertà sono le tre balze dell’amore. È un messaggio tanto naturale quanto profondo quello che il vescovo Sorrentino lancia alle sue comunità e a tutti coloro che vedono in Francesco e ancor prima in Dio l’amore che si dona e si fa carne, della fraternità che costruisce ponti di solidarietà, eguaglianza e pace.
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