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25 Aprile 2024
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Omelia nella Memoria del Beato Carlo Acutis.

Ci ritroviamo a far memoria liturgica di Carlo ad un anno dalla beatificazione. Quello che appare ai nostri occhi è così impressionante, che è difficile spiegarlo senza un disegno che viene dall’alto. Dio sceglie i suoi messaggeri. Carlo è un messaggero.

Siamo in un’epoca in cui tutto è diventato più veloce, anche gli anni. L’anno poi di Carlo è diventato supersonico. La sua figura semplice e sorridente, il suo messaggio essenziale, la simpatia che ispira, sono diventati un fenomeno mondiale. Mettiamo pure nel conto la moltiplicazione mediatica.

Ma non dimentichiamo che di solito, a diffondersi con tanta velocità, sono i messaggi che maggiormente solleticano i pruriti trasgressivi. Tanti messaggi banali, tanti divi di ogni campo della musica, dello sport e, ahimé, anche del sesso banalizzato, spopolano sui nostri video e i nostri social. Raramente l’interesse si porta sul Vangelo e su chi lo vive.

Il caso di Carlo emerge così anche per questo motivo. Qui a spopolare è un messaggio di bene. E ci chiediamo: com’è possibile che diventi così popolare un ragazzo che, di trasgressivo, non aveva nulla, e in fatto di castità aveva un comportamento ineccepibile? Oggi se un ragazzo tiene alla castità rischia le smorfie sarcastiche dei coetanei e i media lo costringono a nuotare contro corrente.

Carlo parla al cuore di tanti giovani. Il perché va cercato nel fatto che, al di sotto di tutte le   banalizzazioni della vita, rimane sempre dentro di noi una scintilla di bene che Dio sa riaccendere di nuova fiamma. Carlo è l’accendino di Dio. Ha una capacità straordinaria di riaccendere quello che Gesù chiama il “lucignolo fumigante” (Mt 12,20).  Lo fa con il suo sorriso. È un testimone di gioia. Quando lo vedi anche solo in una foto, rimani folgorato da quella luce del volto. Ti parla di una bellezza diversa, quella che il peccato ha deturpato, ma che lo Spirito di Dio tiene in serbo in fondo al cuore di ciascuno di noi. È la bellezza della creazione, come è uscita dalle mani di Dio, e che oggi l’umanità comincia a riscoprire anche nell’ambiente spingendo i giovani a indignarsi per una natura violata e devastata.   Carlo celebra la creazione di Dio. La celebra quando sale un monte o si tuffa nell’acqua, quando porta a spasso i suoi cagnolini o quando imbraccia il suo sassofono, quando si immedesima col suo computer o quando fa suoi viaggi tra i santuari d’Italia e oltre, come un giramondo dello spirito, desideroso di cogliere dappertutto i segni di Dio. Riecheggia così le parole che la Bibbia ci fa sentire sulla bocca di Dio rispetto alla creazione: “Dio vide che era cosa buona” (Gn 1,25). Quello che Francesco d’Assisi esprime col suo cantico di Frate Sole, Carlo lo esprime con il suo volto solare e il suo amore per la vita.

Si comprende dunque perché fa colpo sulla nostra società così provata dalla tristezza, dal dubbio, dalla ricerca di sé e dal culto dell’immagine. Carlo non cura la sua immagine: “Non io, ma Dio”. Non fa mistero di essere originale e di cercare originalità, ma quella che viene da Dio, perché tutti siamo usciti originali dalle mani di Dio. Fa sue le parole di Paolo appena ascoltate: “Quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4,8).

In questo anno che ci separa dalla sua beatificazione è certamente aumentato, per così dire, il “lavoro”di Carlo, e se ne vedono i frutti! Ormai sono tanti, in ogni parte del mondo, che si affidano a lui. Lo chiamano in soccorso, come un intercessore generoso. E sperimentano che non è invano. Spesso arrivano delle risposte che toccano il cuore e talvolta fanno provare la sensazione di una grazia ottenuta, che fa immaginare non lontano il miracolo che servirà per la sua iscrizione nell’albo dei santi.

Carlo lavora dall’alto al progetto di un mondo più felice. Si dedica a formare una generazione di giovani che siano come lui, che non brucino nel nulla la loro libertà. La sua ricetta è tutt’altro che banale: egli sapeva bene che le cose più belle sono anche le più sofferte e combattute. Egli sa e dice, con la sua vita, che la gioia del Vangelo nasce dalla croce. Non fu croce per lui la malattia che lo stroncò in due settimane?  Egli la accettò, offrendo il suo sacrificio per la Chiesa. Sapeva che la croce accolta con Cristo è sorgente di vita. È la promessa di Gesù: “Vi ho detto queste cose perché abbiate in voi la gioia e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).

Questo programma si incardinò tutto sull’Eucaristia. L’ostia santa, il pane con cui Gesù in ogni Santa Messa si ripresenta col suo sacrificio per farsi alimento della nostra vita, letteralmente rapì il cuore di Carlo. Il suo amore per l’Eucaristia aveva l’ardore di quello di Francesco. La sua frequenza quotidiana della Messa, il suo apostolato con la mostra dei miracoli eucaristici, sono l’espressione di un trasporto che rendeva eucaristica l’intera sua esistenza. La sua definizione dell’Eucaristia come autostrada per il cielo – immagine da ragazzo, si direbbe, magari linguaggio troppo quotidiano per un grande mistero – in realtà nasconde una densità teologica. Esprime la direzione di marcia e la velocità che la vita cristiana assume quando si incardina sull’Eucaristia. Essa è il paradiso sulla terra. Che cosa è infatti il paradiso, se non vivere con Gesù nella gioia della Trinità e in compagnia di Maria, degli Angeli e dei Santi? Gesù ce ha detto con chiarezza nel Vangelo or ora proclamato: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”  (Gv 6,56). Fare di Gesù il nostro Tutto: ecco l’ideale della vita cristiana. L’Eucarestia ben celebrata e adorata, ci permette di vivere di Gesù. È all’Eucaristia, non a se stesso, che Carlo ci chiama. Per questo all’ingresso del nostro Santuario abbiamo posto l’immagine che lo ritrae insieme con Francesco ed entrambi additano Gesù. Chi viene al Santuario della Spogliazione, per onorare insieme Francesco e Carlo, dovrà ricordarsene. Si va prima e innanzitutto da Gesù. È lui il nostro amore, e Francesco e Carlo sono i nostri educatori e accompagnatori.

Chiediamo a Carlo, in questa sua memoria liturgica, di infondere in noi il suo amore per l’Eucaristia, mentre ci prepariamo a riceverla sotto il suo sguardo sorridente e gioioso.

12/10/2021

Ufficio stampa Diocesi Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino
Curia vescovile, piazza Vescovado 3,

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