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28 Marzo 2024
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Alla vigilia del 21 settembre, Giornata Internazionale della Pace, Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace, propone una riflessione sulle sfide aperte.

Com’è possibile? Non li vogliamo aiutare a casa loro. Non li vogliamo proteggere quando sono in pericolo. Non li vogliamo accogliere a casa nostra. Ma siamo tutti per la pace. Com’è possibile?
Lunedì 21 settembre, Giornata Internazionale della Pace, l’Onu ci invita a riaffermare il nostro impegno a vivere in armonia come membri di un’unica famiglia umana. Ma la crisi dei rifugiati che ha investito l’Europa non lascia spazio a ipocrisie e ambiguità. Vivere assieme è diventato molto difficile: negli ultimi decenni le leggi della competizione e dell’arricchimento ci hanno trasformato e oggi siamo prigionieri delle nostre paure, egoismi, chiusure e solitudini. Al posto dell’armonia che dovrebbe improntare le nostre relazioni con gli altri e con la natura dominano molto spesso la violenza e la brutalità. L’idea che siamo parte di un’unica “famiglia umana” viene quotidianamente negata dai muri visibili e invisibili che stiamo costruendo dappertutto ad un ritmo sempre più serrato.
Non è bello scrivere queste cose. Mi piacerebbe di più illuminare le soluzioni. Ma la gravità della situazione esige una nuova consapevolezza. Non dobbiamo essere catastrofisti ma neanche irresponsabili.
Tutte le spie d’allarme del mondo sono accese. Ogni giorno si moltiplicano episodi di violenza mortale accompagnati da brutalità e impunità. Conflitti destabilizzanti si espandono e si acuiscono. Catastrofi ambientali e cambiamenti climatici si intensificano. Un numero sempre più impressionante di persone è costretto a spostarsi alla disperata ricerca di un’oasi di pace.
L’idea che possiamo continuare a fare i nostri affari, che le cose si aggiusteranno, che qualcuno ci penserà al posto nostro, che comunque noi ce la caveremo è estremamente pericolosa.
Alcuni mesi fa, Papa Francesco, la più importante autorità mondiale sopravvissuta al crollo di credibilità della politica e delle istituzioni, di fronte al deterioramento globale dell’ambiente e delle condizioni di vita di tanta parte dell’umanità, si è rivolto ad ogni persona del pianeta sollecitando una “conversione” profonda, individuale e comunitaria. E venerdì 25 settembre parlerà direttamente ai capi di stato di tutto il mondo riuniti a New York per la settantesima assemblea generale delle Nazioni Unite. L’appello sarà ancora una volta a riconoscere i pericoli e gli interessi comuni, a superare gli egoismi nazionali, a riunire la famiglia umana, a prenderci cura delle persone e del pianeta, a cooperare e ad essere solidali. Ma la svolta di cui abbiamo urgente bisogno non s’intravede ancora. Alcuni fatti lasciano aperta la porta alla speranza: la ripresa del dialogo con l’Iran, con Cuba e con la Russia, il piano di Obama sul clima, il nuovo atteggiamento della Merkel sui rifugiati ci dicono che cambiare è possibile. Ma per avvicinare il giorno in cui prenderà forma una realtà nuova è necessario, come diceva Aldo Capitini, far crescere un’umanità nuova. E’ qui che ciascuno di noi può fare la differenza. Qui e ora.
PS. Tra coloro che venerdì applaudiranno Papa Francesco ci sono i governi che nelle scorse settimane, a Ginevra, hanno impedito l’approvazione della risoluzione che avrebbe iscritto la pace tra i diritti umani fondamentali della persona e dei popoli. Un fatto che nell’immediato non avrebbe certamente salvato la vita di nessuno ma che avrebbe contribuito a innalzare l’unico muro di cui abbiamo veramente bisogno: quello contro il caos e il disumanesimo dilagante.
Flavio Lotti
Coordinatore nazionale della Tavola della pace

Perugia, 19 settembre 2015

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