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Giornale dell'Umbria

La trebbiatura come si faceva una volta

Bastia Umbra, domani la festa in casa dei fratelli Paffarini: ormai una tradizione
BASTIA UMBRA – Quando la trebbiatura era una festa, tutti i contadini si ritrovavano attorno alla stessa tavola insieme alle famiglie. Domani, a Bastia Umbra, in casa dei fratelli Paffarini, tornerà il profumo di quei tempi antichi, l’odore del grano appena tagliato, un’orgogliosa trebbiatrice degli anni 1950, il rumore delle cinghie del vecchio trattore a testa calda, il battito frenetico delle pulegge, il cappellaccio di paglia in testa agli uomini e i calli sulle mani. È la trebbiatura, fatta esattamente come a inizio ‘900. Uno spettacolo ricostruito in ogni suo dettaglio, grazie alle memorie dei fratelli Paffarini e ai figli Massimo e Andrea che, dal 2010, danno vita a questa manifestazione. Ormai è solo una rievocazione, perché è finito il tempo in cui i Paffarini falciavano il grano a mano e allestivano il barcone. Un lavoro faticoso, che iniziava la mattina presto e continuava fino a sera. I più anziani, ricordano che la trebbiatura si svolgeva con l’aiuto delle altre famiglie e si costruiva un pagliaio grandissimo di 12 metri di diametro. Massimo, un Marcantonio che, per la sua mole gigante, presta i muscoli anche ai giochi del Palio de San Michele, cimentandosi nel tiro alla fune per il rione Moncioveta, ci racconta come è nata l’idea di riportare in auge la vecchia tradizione della “battitura”. «Siamo una famiglia di contadini dal 1400. Fino a 60 anni fa i nostri nonni e padri abitavano nella frazione di Pilonico Paterno, a Perugia. Poi si sono trasferiti a Bastia e nel 2010, per celebrare il mezzo secolo del nostro arrivo in questo comune, abbiamo fatto una grande festa e ricostruito con le foto l’albero genealogico delle ultime cinque generazioni. Infine, abbiamo dato vita alla trebbiatura con la partecipazione di molti amici e parenti. Abbiamo ancora i trattori di una volta, gli erpici, il carro, la vecchia bascula, i sacchi di juta e la vecchia “signora” di color arancio mignon che, con il suo rombo cupo, tiene tutti uniti. È messa in funzione da mani esperte e la dimostrazione del lavoro è realistica. Non mancano neppure il fattore, il padrone che arriva con la sua auto d’epoca e il frate cercatore. Si inizia alle 14 e si termina quando ormai il sole si ritira dietro i monti. Il lavoro è intenso, ma c’è anche lo spazio per molta allegria. Durante queste ore, quando il caldo torrido dell’estate picchia duro, ricreando l’atmosfera adatta per la rievocazione, sono consumati diversi litri di vino, sia per lenire il fastidio della polvere che per vincere il solleone». È vero, sono sempre in tanti a lavorare, proprio come una volta, quando occorrevano decine di uomini per portare a termine la trebbiatura. Un tempo era lavoro, anche bello tosto, ma la trebbiatura era considerata anche una sorta di festa. Lo sarà anche domani, perché in via Cambogia 16, torneranno come per magia i rumori e i suoni di una volta. D’altronde, la trebbiatura è la festa dell’estate e, da cinque anni, i fratelli Paffarini riportano indietro l’orologio della storia, per gustare anche piatti tradizionali, come l’oca arrosto, in un’atmosfera di allegria con balli e canti sull’aia. GILBERTO SCALABRINI

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