Editoriale del 22 agosto 2025
ELOGIO DELL’ARCHITETTURA MINORE
Nella riflessione sullo sviluppo delle nostre città e specialmente sulle cosiddette “aree di recupero” capita che l’Amministrazione comunale, che detiene la prerogativa sulla pianificazione urbana, e la Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio, che si occupa della tutela del patrimonio culturale, dedichino una giusta attenzione ad alcuni edifici che per valore storico, artistico o testimoniale sono considerati portatori di interesse culturale e degni di una forma speciale di tutela che mira alla loro conservazione. Tuttavia, esiste una dimensione meno evidente ma non meno significativa che costituisce la trama diffusa delle nostre città di provincia e dei nostri borghi: quella che potremmo definire architettura minore.
Si tratta di una costellazione di edifici di piccola scala, nati senza il contributo diretto di un progettista, frutto di tradizioni costruttive locali, di esigenze funzionali immediate e di materiali reperibili sul posto e, specialmente, di stratificazioni storiche secolari. Case d’abitazione lungo antiche vie e piazze, botteghe, magazzini, piccoli opifici, ma anche villini e palazzetti risalenti al periodo pre-bellico: manufatti non monumentali che custodiscono un linguaggio architettonico comune, fatto di tipologie ricorrenti, di soluzioni costruttive spontanee e di decori sobri ma significativi.
La legislazione italiana e regionale, tra cui anche quella umbra, ha riconosciuto un valore all’architettura spontanea delle campagne, definendo i cosiddetti Beni culturali sparsi. Eppure, nel contesto urbano e periurbano, esiste un patrimonio di piccola architettura sottovalutato e spesso trascurato. Quando si interviene su tali edifici, la prassi corrente porta a volte a stravolgerne la forma, a sovrapporre linguaggi estranei o addirittura a demolire per ricostruire con tecniche contemporanee, perdendo così un patrimonio che non si misura solo con la vetustà o con il pregio artistico, ma con la sua capacità di raccontare la vita quotidiana delle comunità e dello sviluppo urbano di un intero territorio.
Su questo punto è illuminante il contributo di Gianfranco Caniggia e Gian Luigi Maffei, che in Lettura dell’edilizia di base (1979) hanno mostrato come la città sia in gran parte costituita da ciò che definiscono “edilizia di base”, distinta da quella speciale o monumentale. Scrivono: «l’edilizia di base, pur non essendo ‘architettura colta’, è portatrice di valori formali e tipologici che strutturano e danno identità al tessuto urbano». È proprio questa edilizia minuta, spesso ignorata, a costituire l’ossatura della città, come elemento di continuità storica e culturale. Anche Kevin Lynch, nel suo fondamentale L’immagine della città (1960), ricorda che la riconoscibilità e l’identità di un luogo dipendono non solo dai grandi punti di riferimento del paesaggio urbano (oggi definiti landmark), ma soprattutto dal tessuto diffuso, da quegli edifici e spazi quotidiani che garantiscono orientamento e senso di appartenenza.
La progressiva perdita di queste piccole architetture è un rischio concreto. Non è una semplice questione estetica: essa comporta l’indebolimento dell’identità dei luoghi. Ogni edificio minore contribuisce, infatti, alla costruzione di un paesaggio urbano e sociale coerente, dove l’armonia nasce dalla ripetizione tipologica, dalla scala contenuta, dal rapporto con il contesto e dai materiali che raccontano un territorio. In questa coralità si esprime un valore che va ben oltre il singolo manufatto: è la memoria viva di un modo di costruire, di abitare e di interpretare lo spazio collettivo.
Per questo, è necessario un cambio di prospettiva. In futuro ci pentiremo delle demolizioni o delle trasformazioni troppo radicali che oggi conducono a cancellare questo patrimonio silenzioso. Chi si accinge ad intervenire su tali edifici – che si trovino nei centri storici o nei margini immediatamente adiacenti – dovrebbe valutare ogni operazione con senso critico e con rispetto, riconoscendo in essi non solo un valore funzionale, ma anche culturale e storico.
In definitiva, l’architettura minore merita un elogio perché ci ricorda che la qualità dello spazio non si misura solo con i grandi edifici monumentali, pubblici o privati, di riconosciuto valore storico o artistico, ma anche con quelle costruzioni minute e apparentemente umili che, come un tessuto connettivo, hanno dato forma alle nostre città e che sono un’eredità discreta ma preziosa, che continua, silenziosamente, a raccontare la storia dei delle nostre comunità.
![]()
Claudia Lucia (Redazione Terrenostre)
(© Riproduzione riservata)

1 commento
Your blog is a constant source of inspiration for me. Your passion for your subject matter shines through in every post, and it’s clear that you genuinely care about making a positive impact on your readers.