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24 Maggio 2025
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T-Red Bastia – “Più ricorsi che buon senso”.

È di pochi giorni fa la notizia che il giudice di pace di Perugia ha annullato una multa, comminata in seguito a una violazione rilevata dall’ormai famoso t-red e contestata dall’interessato. Si tratta, al momento, di una sola sanzione annullata su oltre mille. Ogni volta che leggo questo dato, resto colpito dal numero di cittadini di Bastia che non comprendono – non serve grande intelligenza, basta il buonsenso – che non si dovrebbe mai attraversare un incrocio con il semaforo rosso.

Eppure, queste multe ci sono, e c’è anche chi ha deciso di fare ricorso, sostenuto da un comitato che porta avanti una battaglia politica sull’argomento.

Il giudice di pace di Perugia ha apparentemente annullato la multa perché manca una delibera della giunta che indichi in modo esplicito dove installare i rilevatori t-red. Questa posizione si rifà a una recente ordinanza della Cassazione, alla quale il giudice di pace ha scelto di aderire. Dico “apparentemente” perché è stato reso noto dai comunicati stampa solo il dispositivo della sentenza; conosciamo l’esito ma non le motivazioni; quindi, per fare un’analisi più accurata ed evitare facili pianti o trionfalismi, bisognerà attendere le suddette motivazioni (tra diverse settimane). Già questo dovrebbe essere sufficiente a suggerire un po’ di prudenza e a non semplificare eccessivamente la questione riducendola a: “Il Comune ha sbagliato, il comitato ha ragione. Tutti a casa a festeggiare”. Non è così semplice: occorre fermarsi un momento prima di lasciarsi andare a facili entusiasmi.

Qualche nota di realtà: 1) l’eventuale delibera di giunta mancante l’avrebbe dovuta fare la giunta Lungarotti, che non l’ha fatta perché è stata reputata non necessaria (giustamente, secondo me) dai funzionari comunali. I funzionari (che sono sempre gli stessi) continuano ad oggi a non ritenerla necessaria, a quanto riporta il comitato; 2) il giudicato vale solo tra le parti, per cui – anche se è una buona notizia per i multati – ciascuno dovrà ancora far valere le proprie ragioni separatamente per avere un eventuale annullamento della sua multa; 3) questa sentenza non è definitiva, il comune può tranquillamente appellare, e personalmente spero lo farà.

I gradi di giudizio

Il giudice di pace rappresenta solo il primo livello del sistema giudiziario per questioni simili.

È probabile che ci sarà un appello in tribunale e, in seguito, si vada in Cassazione. Durante questo percorso, le interpretazioni potrebbero cambiare; altri giudici potrebbero vedere la questione in modo diverso, sia favorevoli ai ricorrenti che al Comune.

Inoltre, è possibile che vari giudici di pace perugini (intese come singole persone) giudichino i molteplici ricorsi loro assegnati per le diverse multe in modo non uniforme, prendendo posizioni diverse caso per caso.

Ci sono ancora diversi gradi di giudizio e numerose persone chiamate a esprimersi su questa vicenda. La speranza è che, alla fine, prevalga il buonsenso e un’interpretazione sensata della legge.

Una gestione impensabile

Andiamo nel merito e cerchiamo di capire, con un po’ di pragmatismo, quali sono le implicazioni di sposare l’orientamento dell’ordinanza della Cassazione, quindi pretendere che la giunta, nell’esercizio dei suoi poteri politico-amministrativi e di controllo, disciplini nel dettaglio gli aspetti minuti del traffico cittadino, come sembra sostenere la sentenza del giudice di pace di Perugia e l’ordinanza della Cassazione.

Se anche fosse astrattamente concepibile che la giunta comunale di Bastia dedichi (o sprechi) del tempo a decidere dove debbano essere installati autovelox, strisce pedonali e t-red, considerato che amministra un territorio relativamente piccolo, immaginate cosa potrebbe succedere in un comune come Roma, dove la giunta metropolitana (e non quelle dei singoli municipi) dovrebbe occuparsi nel dettaglio di disciplinare ogni incrocio di una città così vasta. Dal punto di vista pratico e logico, non sarebbe né sostenibile né sensato; eppure, l’interpretazione della Cassazione vale per tutti: comuni grandi e piccoli. Inoltre, non si pensi che la giunta possa semplicemente “ratificare” documenti predisposti dagli uffici: eventuali decisioni della giunta dovrebbero infatti essere espressione di una reale deliberazione politica; altrimenti, che senso avrebbero?

Le leggi Bassanini

C’è poi un’importante questione giuridica: le cosiddette “leggi Bassanini”.

Con “leggi Bassanini” ci si riferisce a una serie di riforme amministrative degli anni ’90. Queste norme modificarono radicalmente la distribuzione dei poteri tra gli organi politici e la dirigenza nelle pubbliche amministrazioni, compresi gli enti locali, stabilendo che gli organi di governo (consiglio comunale, giunta, sindaco) hanno funzioni di indirizzo politico-amministrativo e controllo mentre gli atti di gestione concreta (esecuzione di provvedimenti, atti amministrativi, scelte operative) sono affidati esclusivamente ai dirigenti.

Questa separazione serve a professionalizzare la pubblica amministrazione, aumentare l’efficienza e anche a tutelare l’imparzialità e la continuità amministrativa. Eventuali atti del sindaco o della giunta che incidano su dettagli gestionali sono, secondo la legge Bassanini, impropri e fuori dalla legittimità normativa, a meno che la legge non preveda diversamente in modo espresso.

Le leggi Bassanini rappresentano il pilastro dell’attuale modello di governo locale, dove la politica governa (indica la rotta), ma la gestione concreta del quotidiano compito amministrativo è affidata ad una dirigenza tecnica, responsabile delle scelte compiute di fronte agli amministratori eletti.

Un inciso: quando ci si lamenta che “decidono tutto i dirigenti”, non condividendone i provvedimenti, bisognerebbe pretendere che l’attività di controllo politico sull’operato dei dirigenti sia fatta in maniera ancor più dettagliata ed attenta ad evidenziare eventuali criticità. Detto più chiaramente: la politica, ammesso che ne sia in grado, dovrebbe fare da “cane da guardia” dell’operato dell’amministrazione di carriera.

Tornando alla materia principale dell’articolo, e come sostenuto in un commento all’ordinanza della Cassazione, “Appare alquanto azzardato e privo di fondamento affermare che la specifica individuazione del punto di una via o di un incrocio, nel quale installare l’apparecchiatura per la contestazione delle violazioni possa considerarsi esplicazione della “funzione di programmazione politico amministrativa”; al contrario, si tratta, invece di un’attività di estremo dettaglio, connessa alla minuta gestione tecnica ed operativa”. Da ciò discende che è assolutamente fuori dal quadro normativo attuale pretendere che i politici decidano dove e come mettere questo o quell’autovelox o t-red, come invece sembra sostenere l’ordinanza della Cassazione e la sentenza del giudice di pace sul caso bastiolo. Dirò di più: è pericoloso, perché qualunque amministratore sarebbe legittimato a rimuovere degli autovelox o t-red in una data zona della città scelta strategicamente, al fine di guadagnare il voto di qualche cittadino che pigia un po’ troppo sull’acceleratore e si dimentica selettivamente di fermarsi al semaforo.

Una possibile soluzione

L’amministrazione (tecnica, con il benestare della politica) ha optato per la soluzione più facile: la disattivazione del t-red.

Credo che questa decisione attribuisca all’amministrazione e al comitato “no t-red” una responsabilità morale rispetto a eventuali tragedie che dovessero verificarsi a causa di qualche automobilista irresponsabile. A ciò si aggiunge una responsabilità, ben più concreta, per aver lasciato inutilizzato un sistema che è già costato ai contribuenti diverse decine di migliaia di euro.

Una proposta per affrontare il problema con coraggio e buonsenso: se si vuole sfruttare l’occasione della “maggiore chiarezza” (fittizia) data da questa prima sentenza, si dovrebbe fare una delibera di giunta finalizzata a fornire copertura giuridica alla riattivazione del t-red. La decisione concreta di riattivare lo strumento sarebbe poi in capo alla dirigente responsabile, che dovrebbe comunque seguire le linee guida politiche. Se la delibera di giunta dovesse rivelarsi non necessaria, per successivi orientamenti giurisprudenziali o legislativi, no harm done. Credo che le multe già comminate non vadano annullate in autotutela, perché ci si esporrebbe al rischio di danno erariale qualora emergesse la legittimità delle sanzioni elevate in assenza di una delibera di giunta. È ovviamente cruciale continuare a resistere in tutti i gradi di giudizio.

Mi rendo conto che l’approccio descritto sia incoerente, a livello ideale, rispetto alla posizione sostenuta sopra, cioè che la delibera di giunta sia superflua se non dannosa, però ciò non sarebbe rilevante a livello giudiziario. Detto in maniera più chiara: fare la delibera complicherebbe un po’ la posizione difensiva dell’amministrazione, ma non precluderebbe di per sé una eventuale sentenza favorevole.

Ci sarebbe ovviamente il problema politico di spiegare questo approccio, oggettivamente incoerente ma strategicamente e pragmaticamente sensato, ad un elettorato spesso disattento e tecnicamente impreparato. Anche questo è fare politica: avete voluto la bicicletta, adesso pedalate. È indispensabile spiegare senza giri di parole che si è preferito fornire una copertura giuridica al t-red, probabilmente non necessaria, per poterlo riattivare al fine di limitare i comportamenti diversamente intelligenti di molti nostri concittadini. Immagino che la gente tenga più alla vita che non alla coerenza giuridica (che, comunque, è importante).

Serve insomma una grandissima dose di pragmatismo e coraggio politico, perché tra noi ci sono numerose persone così irresponsabili da ritenere che, tutto sommato, attraversare un incrocio con il semaforo rosso non sia un problema grave, anzi, che possa essere addirittura qualcosa su cui capitalizzare politicamente.

Speriamo di non trovarceli mai davanti: potremmo non essere in grado di raccontarlo.

 

02/05/2025

di Pier Luca Cantoni

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