ASSISI – La notizia della morte di papa Francesco ha scioccato anche noi, come tutto il popolo di Dio. Avendolo visto in queste ultime settimane addirittura farsi fisicamente presente, nonostante la convalescenza, eravamo fiduciosi che lo avremmo visto domenica prossima in piazza San Pietro per la canonizzazione del beato Carlo.
Oggi, pur nella certezza della vita eterna e nella gioia della Pasqua, uniamo le nostre lacrime a quelle di tutta la Chiesa. Papa Francesco aveva davvero il volto e il cuore di un papà. Così lo sentivano soprattutto i più semplici, i poveri, ai quali egli dedicava tante premure. Anche guardando ad essi aveva preso il nome del nostro Francesco d’Assisi, il “Poverello”, ed è rimasto coerente con questa scelta programmatica. Ce l’ha illustrata in tutti i modi. Non possiamo dimenticare quanto ci consegnò nella sua prima visita a questa Città nel 2013. Gesti indimenticabili e profetici: volle iniziare con i disabili dell’Istituto Serafico, volle mangiare con i poveri, venne alla Sala della Spogliazione per spiegare – mi disse – come la “Chiesa si deve spogliare”. Di lì in poi una serie di altre visite di non minore impatto: il 4 agosto 2016 a Santa Maria degli Angeli per l’VIII centenario del Perdono di Assisi, il 20 settembre dello stesso anno alla Basilica di San Francesco per la commemorazione dello “spirito di Assisi” inaugurato nel 1986 ad Assisi da Giovanni Paolo II con la convocazione dei leaders cristiani e di tutte le religioni in preghiera per la pace. Il 3 ottobre 2020 venne a firmare sulla tomba di san Francesco l’enciclica “Fratelli tutti”. Nel novembre 2021 torna per la giornata mondiale dei poveri. E come dimenticare il filo d’oro tutto francescano, intonato al Cantico di frate Sole, dell’enciclica Laudato si’? E’ poi tornato nel settembre 2024 per firmare il patto con i giovani di Economy of Francesco, il movimento da lui suscitato per il rinnovamento dell’economia a vantaggio dei più poveri.
Assisi non poteva non sentire un particolare affetto per lui, e lo ha sentito. Per questo anche la sua dipartita ci vede profondamente addolorati.
La Città in questi giorni è gremita di pellegrini. Sono venuti per l’alleluia pasquale, ora si sono velati di mestizia. Con tutti i cristiani, residenti e pellegrini, facciamo coro di preghiera e di sentimenti, esprimendo il nostro cordoglio, ma soprattutto rinnovando la nostra speranza “Cristo è risorto!”. Ad Assisi, non possiamo dimenticare che Francesco nel Cantico parla di “sorella morte”. Sentimenti che salgono da entrambe le Chiese particolari affidate alle mie cure, quella di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e quella di Foligno.
Tanti devoti sono giunti ad Assisi in vista della canonizzazione. Il Signore ci ha costretti a un aggiustamento di rotta, nella sicurezza tuttavia che il traguardo rimane vicino.
Riecheggia nel cuore specialmente l’ultimo messaggio papale Urbi et Orbi. Francesco si è speso fino all’ultimo respiro per invocare pace sul nostro mondo ferito. Avevo chiesto la sua benedizione, che non ha fatto in tempo ad arrivare, sulla nostra lettera mensile di invito ai cristiani ed anche ai credenti di altre religioni, per invitarli a pregare, proprio il giorno 27 aprile, per tutti i popoli in guerra, con un focus sul Myanmar. Confidavo al papa nel mio scritto l’impressione che anche tramite il prossimo santo, Carlo Acutis, ci arrivasse un segno dal cielo, dato che il miracolo di guarigione esaminato ed accolto per la canonizzazione è avvenuto per una ragazza della Costa Rica, l’unico paese – o uno dei pochissimi paesi al mondo – che ha rinunciato ad avere un esercito. Dal cielo papa Francesco ci aiuterà a perseguire ancora questo grande obiettivo di un mondo, nel quale si realizzi la profezia di Isaia: “un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is. 2,4). Un grande sogno di pace.
Assisi, 21 aprile 2025