È stata ammirevole l’insistenza con cui gli artisti contemporanei hanno continuato, saltuariamente, episodicamente, a proporre i loro lavori, collocandoli in un territorio “inospitale”. Hanno fatto il loro dovere di artisti: hanno lasciato tracce, a malapena accettate dalla popolazione. D’altronde esiste, seppure in alcuni involontario, un pregiudizio che nasce da una stratificazione nella propria estetica dell’arte medievale, tutt’al più classica. Una sorta di guida che viene assunta dalla nascita, benefica per molti aspetti, costituente un privilegio anche rispetto ad altre cittadinanze, ma che si impianta come una sorta di patina di impermeabilizzazione che non lascia transitare il messaggio estetico dell’oggi. Ciononostante anche intorno a noi sono disseminati lavori realizzati che ci interrogano sul presente, che osservano una disciplina che può risultare ostica, ma che è obbligatorio prendere in considerazione.
In realtà il dovere riguarda soltanto coloro che considerano la cultura come una forma di partecipazione alla vita della società e che sanno che devono impegnarsi per comprendere, per esprimersi. A costoro è, ovviamente, riservato il diritto di abbandonarsi al proprio gusto e scegliere, ma a nessuno è consentito il rifiuto. L’arte di oggi è una sfida improba, perché alla concettualizzazione associa l’entusiasmante dramma della complessità e le due categorie appaiono interconnesse: è attraverso la concettualità che si affronta la complessità ed è la concettualità il miglior sistema di indagine e rappresentazione di un mondo complesso. Tutto questo richiede un salto di qualità, un cambio di direzione, ma non si può vivere il presente senza fare i conti con ciò che esso ci propone. Come mi pare di aver detto, ognuno è autorizzato a selezionare in cuor suo, ma sempre in seguito ad un’azione etica che giudica secondo una griglia di valutazione da cui è accantonato il gusto personale.
È pur vero che questa consapevolezza è ormai transitata abbondantemente, così come è altrettanto vero che continua ad incontrare resistenze, che non dipendono, molto spesso, da superficialità o impreparazione. Tutti dobbiamo trovare una conciliazione con le opere del presente, iniziando intanto con il riconoscerle, quindi attribuendo loro la dignità che gli spetta, superando i condizionamenti che le nostre categorie estetiche ci impongono.
Cominciando ad accostarci con le opere contemporanee presenti sul territorio, guardandole nell’insieme e singolarmente, cogliendo le profonde differenze che le distinguono da quelle rassicuranti e consegnate alla storia. Tramite un’interrogazione reciproca, accogliendole nel cosmo del nostro immaginario.
03/07/2018
di Enrico Sciamanna
a cura di Oicos riflessioni