COMUNICATO STAMPA
M5S SUI DAZI STATUNITENSI.
NON SIAMO DI FRONTE A UN CONFRONTO FRA PARTNER.
SIAMO DAVANTI A UN ULTIMATUM.
Bastia Umbra, 14/07/2025 – L’annuncio dei dazi statunitensi sulle esportazioni europee rappresenta una misura unilaterale e aggressiva. Non è una decisione tecnica ma uno strumento di pressione politica che trasferisce sulle comunità locali il costo di dinamiche geopolitiche imposte da altri.
La lettera firmata da Donald Trump è inequivocabile. I dazi saranno applicati in modo generalizzato. Ogni eventuale revisione è condizionata all’eliminazione delle tutele europee sul commercio, dalla sicurezza alimentare alla protezione industriale. In sostanza si chiede all’Europa di rinunciare alla propria autonomia regolatoria per evitare una ritorsione. Non c’è simmetria né rispetto.
Non siamo di fronte a un confronto fra partner. Siamo davanti a un ultimatum.
Un ultimatum che si inserisce in una strategia più ampia, dove il commercio è solo un tassello. La pressione si esercita su più livelli, combinando richieste implicite su energia, armamenti e apertura di mercato in un’unica leva contrattuale. È la logica del pacchetto all-in-one. Un sistema integrato di condizionamento, dove non esistono trattative separate né spazi di mediazione.
L’obiettivo reale è forzare le economie europee ad acquistare armamenti e materie prime energetiche statunitensi a condizioni imposte, spesso fuori mercato. Un meccanismo opaco che vincola le scelte strategiche nazionali a interessi esterni.
Questa impostazione emerge chiaramente nel passaggio in cui si afferma che “i dazi potranno essere modificati, aumentati o ridotti, in funzione dell’evoluzione del nostro rapporto bilaterale”. Una clausola variabile che non definisce regole certe ma introduce un meccanismo discrezionale, gestito su base politica e non giuridica.
Gli effetti concreti di questa escalation toccano anche il comprensorio assisano e bastiolo, ma più in generale l’intera economia umbra. Il tessuto produttivo regionale è composto da imprese che esportano valore. Meccanica avanzata, agroalimentare certificato, moda, vitivinicolo. Settori che hanno costruito rapporti stabili con i mercati internazionali e che oggi rischiano di essere danneggiati da barriere imposte senza confronto.
Da giorni raccogliamo timori e dubbi da parte di imprenditori, artigiani, operatori. C’è chi teme la sospensione di ordini già in corso, chi segnala clausole nuove nei contratti, chi non sa come pianificare investimenti o trasporti. A crescere non è solo l’incertezza ma la percezione di vulnerabilità.
In questo quadro è inaccettabile che la Presidente del Consiglio si sia detta soddisfatta dell’esito del vertice a Washington. Si era parlato di uno pseudo accordo con un possibile aumento dei dazi fino a un massimo del 10%. Una previsione già allora del tutto insufficiente a tutelare l’interesse nazionale, perché anche un piccolo incremento avrebbe significato un danno diretto per le nostre esportazioni. Invece siamo arrivati a un’applicazione indiscriminata del 30% e senza alcuna compensazione, con soglie molto più alte e nessuna eccezione per l’Italia. La trattativa non riconosce la nostra specificità produttiva. Non offre alcuna garanzia.
Il governo ha rinunciato a rivendicare un interesse nazionale autonomo. Ha preferito adattarsi invece che opporsi. Ha lasciato che fosse un altro Paese a dettare le condizioni.
Chi guida l’Italia ha il dovere di agire con responsabilità strategica. Non può accettare che il nostro sistema economico venga subordinato a logiche di alleanza sbilanciate. Non può ignorare gli impatti che queste tensioni avranno sul lavoro, sulla competitività e sulla tenuta sociale.
L’aumento dei dazi rischia anche di vanificare gli sforzi compiuti per rilanciare la crescita. Gli investimenti programmati con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, costruiti grazie alla visione e alla determinazione del Presidente Conte, potrebbero perdere efficacia di fronte a un contesto internazionale ostile e instabile. È in gioco la sostenibilità stessa di quella strategia, fondata sull’export, sulla transizione ecologica e sulla competitività dei territori.
Chi ha negoziato il PNRR lo ha fatto mettendo al centro l’Italia. Ha portato risultati quando sembrava impossibile. Ha scelto la strada della responsabilità, non della sudditanza. Oggi quel lavoro rischia di essere compromesso da chi confonde consenso personale con interesse nazionale.
La lettera statunitense non è un’intesa. È una minaccia strutturata. Una pressione bilaterale rivolta a ogni singolo Stato europeo. Un’iniziativa costruita per dividere, indebolire e ottenere vantaggi asimmetrici. Un’offensiva che il governo italiano ha subito, senza ottenere alcuna tutela, né per l’Italia né per l’Europa.
Messa all’angolo nei consessi europei e raggirata da Washington, la Presidente del Consiglio Meloni ha accettato passivamente una linea dettata da altri.
Trump scrive “gli Stati Uniti d’America non vi deluderanno mai”.
E infatti non ha deluso. Ha imposto dazi, condizionato la politica economica europea, trasformato il commercio in uno strumento di pressione. Ha chiesto all’Europa di arretrare, non di collaborare.
Se questa è lealtà, cosa resta da aspettarsi per definirla ostilità?
Una dichiarazione di guerra all’Europa?
Non scambiamo promesse vaghe con sottomissioni reali. Non accettiamo pressioni mascherate da alleanza. Difendere lavoro, autonomia e dignità produttiva è una responsabilità che un governo sovrano deve assumersi fino in fondo. Con giudizio e lealtà verso la nazione e i cittadini. Il Governo Meloni sta facendo l’esatto contrario su tutti i fronti, politici, economici, strategici e industriali. L’Italia non è guidata ma asservita. E non è solo in vendita, è già in svendita.

Gruppo territoriale M5s Assisi-Bastia
