Ospiti della Libreria Mondadori, continuano gli incontri dedicati all’approfondimento di tematiche di legate alle scienze della materia e dello spirito.
Questa volta però tratteremo solo la parte ‘spirito’ approfondendo un nome, tanto importante quanto significativo, quale quello di Giovanni.
Ed in effetti la prima grande figura profetica che compare nei vangeli è quella di Giovanni Battista, il cui sfondo antico-testamentario è stato magnificamente approfondito da fra Alviero Niccacci, biblista di fama internazionale, professore emerito dello studium biblicum franciscanum di Gerusalemme, e che nel corso della mattinata farà una breve sintesi di questo ‘sfondo’.
GIOVANNI È IL SUO NOME
E a Giovanni Battista che è attribuita la locuzione biblica ‘Giovanni è il Suo nome’ che secondo il racconto lucano del Vangelo delle origini è composta dalle prime parole del sacerdote Zaccaria, rimasto muto a causa della sua incredulità alla ‘Parola’ ricevuta dell’angelo durante la preghiera nella parte più sacra del tempio di Salamone a Gerusalemme.
Parole che usa anche il vangelo attribuito all’altro Giovanni, il discepolo amato, che nel prologo parla del Battista, suo primo maestro, come di un uomo mandato da Dio il cui nome era, significativamente, Giovanni.
Il teologo biblico, professore dell’università cattolica di San Salvador Bahia, Francesco Bindella, autore di un saggio edito dalle Edizioni Porziuncola, Boanarges i figli del tuono, che sono appunto l’apostolo Giovanni e l’apostolo Giacomo, approfondirà appunto il Giovanni che, secondo una antica tradizione, chiude idealmente il nuovo testamento quale autore del libro dell’Apocalisse o della Rivelazione.
GIOVANNI IL TEOLOGO DELL’IO_SONO
In particolare questo Giovanni, che mai fa nome di se in tutto il quarto vangelo, preferendo la locuzione ‘discepolo amato’, sviluppa nei suoi una vera e propria teologia cristologica di Gesù legata alla terza parte (identica alla prima nel testo ebraico) del nome rivelato da Dio a Mosè nel Roveto: ‘Io Sono’.
Non sarà il tema della mattinata giovannea, ma nello stesso tavolo saranno a confronto due studiosi che hanno dedicato al nome di Dio nel Roveto, gran parte dei loro studi.
Padre Alviero Niccacci, partendo da considerazioni linguistiche, preferisce come traduzione ‘Io Sarò quello che ero’, risaltando nelle parole del Roveto la forza di una promessa di continuità, del tipo di quella ricevuta in una locuzione privata in acrostico della Parola Assisi la terziaria francescana Franca Cornado: ‘Ancora Sono io a Sostenerti Sempre Io’.
Francesco Bindella invece da evidenza del Suono dell’Io Sono dell’Eco di Voce presente nelle tre parole ebraiche del Nome di Divino ( in latino SUM QUI SUM) in cui si percepisce una risonanza speculare tra il primo e il terzo termine che permetterà al discepolo amato, il Giovanni autore del quarto Vangelo, di fare diverse considerazione cristologiche, tra le quali la perfetta identità di visione del Padre nella visione di Lui come richiesta dall’apostolo Filippo.
La giornata biblica, cade nel giorno della memoria liturgica ( 15 Luglio) di un famoso santo e teologo biblista, San Bonaventura, al secolo Giovanni Fidanza, discepolo di San Francesco di Assisi, che pochi sanno al fonte battesimale della cattedrale di San Rufino fu chiamato ‘Giovanni’.
ERA DELLO SPIRITO
Così che si può dire anche di San Francesco ‘Giovanni è il suo nome’ e lo si può dire ancora di più in considerazione del movimento profetico che ha generato, e che personaggi come il beato Giovanni da Parma e suoi contemporanei pensavano fosse finalmente realizzativo di quell’era dello Spirito Santo, che il monaco Gioacchino da Fiore profetizzò all’inizio del secondo millennio.
Insomma nel nome di Giovanni approfondiremo la Parola, faremo festa della “Mia Parola”, che nell’ Io Sono come Parola, come Voce, come Eco di Voce, come immagine speculare, come suono dell’Io Sono, trova le motivazioni di una festa che nasce dallo studio delle cose di Dio … Lo studio delle cose di Dio infatti, è già amore di Dio è sempre amore di Dio.
Un amore che non si oppone, ma completa e incoraggia, le opere di carità sociale che la Chiesa attua, ma che senza l’Amore per la Parola, senza far vivere la Parola in chi le attua, rischiano di essere sterili, di ridurre, come ha ricordato Papa Francesco, la chiesa ad una charity ad una ong come le altre.
13/07/2017
Claudio Pace
